“- Allora,
Pedro … -
- Non
mi chiamare più Pedro.
È
nome che non va per uno come me. -
-
E chi sei diventato? -
-
Un uomo rispettabile, uno di don Salvo. -
-
Davvero, Pedro? -
Gli
arrivò uno schiaffo.
-
Ti dissi appena ora
che mi devi chiamare col nome mio,
Pietro, -
borbottò.
- Che forse non ti piace? -
(Luisa
Mattia, La scelta, Sinnos Edizioni, pag.40)
Personaggi
principali
- Antonio: protagonista, ragazzino che si sta avviando sulla strada della micro-criminalità nell'orbita mafiosa
- Pietro (Pedro): fratello maggiore del protagonista, giovane già avviato nella pratica della delinquenza
- Letizia: sorella di Antonio e Pietro
- Madre dei ragazzi: casalinga vessata dalla violenza del primogenito e dalla situazione di omertà ed ignoranza vigente in ambito familiare e sociale
- Padre dei ragazzi: disoccupato con problemi di alcolismo
- Michele: marionettista girovago
- Angelica: figlia di Michele. Aiuta il padre nell'attività di famiglia
- Simone: amico di Antonio. Animatore nelle feste per bambini e piccolo punto di riferimento civile
- Don Salvo: capo mafioso locale
Ambientazione
- Italia, Sicilia, in una cittadina non specificata
Leggendo
le pagine scritte da Luisa Mattia, si fa viva l'impressione della
presenza di fili invisibili che, dall'alto, si agganciano ai vari
personaggi, penetrandone la carne e guidandone le azioni sul piano
sociale; in questa terra fondata sulla convenzione, sull'uso della
violenza come coercizione e sull'ignoranza come base culturale, la
lotta intestina fra questo stato di costrizione e la spinta a
liberarsi dai lacci emotivi, che ancorano ad un ruolo preciso ed
alienante, deflagra nell'intimità fino a colmare tutto lo spazio
della riflessione personale. All'esterno, però, c'è paura e
silenzio.
La
scelta è, esattamente, il punto di rottura con una visione univoca
di una tradizione che genera bestialità e barbarie. È
la dolorosa e coraggiosa presa di coscienza che i cavi immersi nel
proprio corpo devono, in qualche maniera, essere spezzati.
Ma
veniamo direttamente al punto.
Antonio
cresce all'interno di un contesto dove il diventare più adulto è un
obbligo fatto di lacrime e subordinazione. Se è vero che esempi ed
esperienze sono passo fondamentale per affinare il carattere, la vita
che il giovane sperimenta offre solo spunti di prevaricazione e
rabbia animalesca. Nella sua famiglia, l'ombra di un padre pressochè
assente per inadeguatezza nel ruolo genitoriale viene schiacciata
sotto il peso di un'incontrastata figura fraterna, la quale
attraversa l'ambito domestico nel pieno di un virgulto
adolescenziale/sessuale e nel totale dominio fondato su minaccia e
percossa; Pietro sostituisce il genitore alcolizzato e ridotto ad un
pallido simulacro d'uomo, superando le stesse barriere di rispetto
verso le sfere materna e paterna e scagliandosi verso di esse
utilizzando, da un lato, il meccanismo della rimozione della funzione
del padre, mentre dall'altro, occupando il posto vacante nel binomio
genitoriale e relazionandosi, con la madre ed i fratelli, secondo una
sorta di investitura coniugale caratterizzata da quella prepotenza
archetipa ed epica venuta meno dalla dipartita del ruolo paterno.
Ciò, a mio parere, diventa esplicito fin dalla prima pagina del
romanzo dove, seduto su una sedia nella propria camera e distante
dalle incombenze di un normale andamento domestico, beve caffé come
lo bevono gli uomini
(pag.7) e fuma,
incurante della fatica sopportata dalla madre nel tentativo di
mantenere ordine nell'appartamento. La sua indifferenza, tramutandosi
spesso in irritazione a causa degli innesti di individualità che
provano ad introdursi fra le pieghe di quella violenta onnipresenza,
come il pianto del fratellino Enzo oppure lo spazio per le
telenovelas
ritagliatosi dalla sorella Letizia, fa di lui il lupo feroce che
domina il branco, ed inserisce nel suo ruolo di collante
sociale
un elemento maligno ed inquietante, soprattutto perché avallato da
una non scritta ragione sociale che indora una becera forza
maschilista come metro per il retto funzionamento del nucleo.
Antonio
guarda al fratello con l'occhio di chi si riflette in un modello,
cadendo in un'operazione frequente nell'infanzia e nella
pre-adoloscenza ma scegliendo un fine che, terribilmente, risiede al
di fuori di sé. Pietro è la forza, è la potenza che ordina il
mondo. La sua autorità è incontrastata: nell'accesso al denaro,
reperito attraverso pizzo e spaccio visti nell'ottica di azioni per
le quali è necessario avere coraggio e padronanza; nell'accesso alla
femmina, presa con brutalità, violata con l'impeto di una bestia in
cerca di accoppiamento anche se si tratta solamente di baci, ma baci
che trasmettono innegabilmente tutto l'ardore della pratica naturale
dell'imposizione; nel possesso dei beni, ostesi come oggetti sacrali
che identificano e separano nettamente i gradi gerarchici di questo
comando.
Questo
è il mondo di Antonio; un angolo di universo nel quale non si
sopravvive scegliendo di escludersi dalle regole ferree e
meticolosamente fatte rispettare da chi misura la vita stessa delle
persone sulla bilancia di un rispetto fondato sulla paura. Un
ribaltamento della grazia
che una famiglia autentica dovrebbe sperimentare nell'accordo
creativo e appassionato fra i suoi componenti. Ed in una situazione
come questa, la presenza di eventuali parametri che permettano al
ragazzino di confrontarsi con altre sfaccettature dell'esistenza si
minimizzano e si incamerano nell'accezione della possibilità da
scartare in quanto non corrispondente all'espressione dominante;
l'amico di Antonio, Simone, incarana per l'appunto una di queste
opportunità di trasgressione,
con la sua attenzione verso i più piccoli, la voglia di intrattenere
adulti e bambini con animazione e letture; attraverso, insomma,
proprio quei mezzi posti a lato del contesto usuale. E lo svago sano
e gratuito assume i contorni della salvezza, forse un po'
stereotipati, certo, ma pur sempre novità e canale alternativo di
evoluzione sociale laddove il rinnovamento passa attraverso i confini
di una dimensione criminale radicata, addirittura, in un patrimonio
di regolamenti orali. Simone fa ridere Pietro, perché se la fa con i
bambini e si veste da clown; e, per questo, non è un uomo.
Gli
elementi che scatenano il trauma della separazione dal mondo che,
seppure degradante, ha accolto e fatto crescere Antonio, sono
rappresentati da due eventi di grande pregnanza: l'assassinio su
commissione, per questioni di droga, dell'amico Nino da parte di
Pietro, e la distruzione del teatrino dei pupi
gestito dal marionettista Michele, il quale, restio alle imposizioni
mafiose, si era rifiutato di andarsene dopo aver ricevuto
l'intimidazione dei ragazzi della banda. Entrambi rientrano
nell'attuazione della logica perversa del controllo, ma agiscono su
due fronti differenti, implementando una sorta di maturità nei due
fratelli che li porterà verso il punto cruciale, appunto, della
scelta. L'apertura verso la libertà si presenta come un percorso
durante il quale il fumo mefitico degli inferi offusca fino alla fine
la vista, ed il passaggio obbliga ad una strada lungo la quale
l'animo si contorce come una vecchia pianta. Ed è proprio in questo
momento che i fili incastrati sui corpi si rendono visibili,
schiarendo finalmente la pagina oscura sulla quale è descritta nei
minimi dettagli la baracca del puparo;
anzi, dei pupari,
perché sia Michele che il capomafioso locale, don Salvo, tendono
dall'alto i lacci, operando però in due direzioni opposte e
perseguendo fini antitetici. Entrambi usufruiscono della maestà di
un'antica tradizione siciliana per conferire allo spirito ed alle
menti gli elementi per una forma di status;
nonostante l'angheria subita, Michele, affiancato dalla figlia
Angelica, si lascia avvicinare da Antonio accettandolo, iniziando a
ricoprire la parte di un maestro di cui il ragazzo era stato privato,
ed attraverso la narrazione della vicenda di Ruggero e Bradamante
pone il giovane sulla via per carpire i meccanismi della volontà,
del coraggio, della determinazione. Lui non può tacere, perché ha
visto il delitto di Nino e lo denuncia, perché l'arte più vera
della Sicilia si oppone alla tradizione della morte; tira i fili,
Michele, benché le sue marionette giacciano in un angolo, spezzate,
ma strattona cavi che penetrano nel ragazzino per svegliare il suo
cuore e per far uscire da lui la carne che possa ricoprire il legno
freddo. Un meccanismo di civiltà porta l'uomo ad avere fede pur
nella sofferenza, poiché non solo conosce la radicale precarietà di
quella gioventù siciliana, ma soprattutto perché ha la convinzione
che le tradizioni della sua terra non possono in alcun modo
sprigionare morte e ritrazione civile.
Diversamente,
don Salvo articola le dita per estirpare gli elementi di contrarietà
ad un pensiero unico. Sotto alle sue mani, gli uomini si comportano
come un'estensione di chi li comanda, de-soggettivando la voce,
l'aspetto, i pensieri. Lo stesso Pietro rinuncia al soprannome di cui
andava tanto fiero, Pedro,
siccome il boss,
durante il colloquio nel quale lo incaricherà di uccidere Nino,
afferma una sua avversione proprio verso nomignoli ed arbitrarie
denominazioni. Un mondo di convinzioni spazzato via dall'aura di
potere di un individuo il quale, dal buio, gioca a mantenere in uno
stato di sospensione il senso critico delle persone, sfruttanto mezzi
illusori come la fedeltà ad una famiglia, l'onore, il rispetto per
un'autorità la cui ragione, chiaramente, ha l'aspetto mellifluo del
diavolo/omino che circuisce i ragazzi nella favola di Pinocchio.
Se
Michele, quindi, passa per il dialogo duro, sincero e senza
pregiudizi indirizzandosi verso la formazione di individui liberi,
don Salvo parte egualmente da un monologo avvolgente ma inculcando
alcuni parametri che impediscono lo sfogo di frangenti della
personalità che non siano in linea con l'interesse particolare di un
universo scavato fra le sue mani. Michele, in fondo, è un
Mangiafuoco, che si commuove quasi subito e sopravvive al rogo del
suo mestiere;
ma è esattamente fra quella distruzione che le sue marionette
lasciano il posto ad un ragazzo nuovo. E, in un certo senso, si
potrebbe dire che Antonio/Pinocchio viene salvato proprio dal
sacrificio dei suoi fratelli di legno. Per Pietro, l'assorbimento
della lezione giunge per altri canali, ed anche lui sceglie una
soluzione che però mette a nudo la forte assonanza con il male di
cui si è impregnato.
Una
storia interessante, con un forte impatto sul piano emotivo oltreché civile. Unico punto un po' debole, è forse l'uso di un
registro linguistico siciliano
un po' appiattito sullo stereotipo palermitano.
italyhastodie
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