sabato 19 gennaio 2013

Una casa piccola e grande per un nonno grande e piccolo. "Mattia e il nonno" (1993) di Roberto Piumini


“- Che è successo nonno? - chiese Mattia.
- Ho fatto un piccolo trucco, Mattia.
Ti ho fatto annusare forte la mano
per poter entrare dentro di te. Se ti avessi chiesto
di mettermi in bocca, credo che non l'avresti fatto,
o ti sarebbe molto dispiaciuto.
- Allora sei dentro di me, adesso? -
- Sì.
- E questa è la tua voce?
- Sì, ma la senti solo tu, adesso.
- E come stai, nonno?
- Benissimo, Mattia. Un bambino è un bel posto per viverci.”
(Roberto Piumini, Mattia e il nonno, Edizioni EL-Einaudi Ragazzi, 1993, pag. 84)


Personaggi:
  • Mattia: un bambino al capezzale del nonno morente.
  • Il nonno.
  • Genitori e parenti di Mattia.
  • Altri personaggi.

Ambientazione:
  • Località non definita geograficamente, composta da campagna e borghi rurali.

Chiusa l'ultima pagina di questo romanzo, ammetto con sincerità di essermi posto un problema che, in me, ha decisamente battuto qualche colpetto. Un quesito per il quale, però, avvertivo il bisogno di scovare una soluzione, se non altro in onore della commovente bellezza del libro appena terminato. Quindi, asciugandomi una lacrima, mi sono chiesto: - come formulare una spiegazione convincente in merito a questa meraviglia letteraria intitolata “Mattia e il nonno”? -
Bella domanda, particolarmente difficile da soddisfare, soprattutto a causa (o in virtù) del tema gravoso che l'autore si è preoccupato di presentarci attraverso una sensibilità ed una ricchezza di metafore così opulente da rendere positivamente pesante questa storia per ragazzi.
Bene. Proviamoci.

“Mattia e il nonno” può tranquillamente definirsi come un piccolo manuale d'amore, inserito appieno in un percorso di comprensione ed assorbimento di un evento tanto delicato quale la morte di un intimo affetto. Morte ed amore, dunque; un rapporto complesso, alle volte fuorviante, in questo caso costituito però senza alcuna traslazione verso una pericolosa deriva legata al morboso. I due elementi che reggono l'apparato narrativo convivono pacificamente, elaborando una sorta di distensione fra le rispettive finalità e generando un' inaspettata possibilità educativa.
Ma spieghiamoci meglio.

Mattia è un bambino, e sta per perdere il nonno al quale è molto affezionato. Assieme a genitori e parenti, è prossimo al capezzale dell'uomo nell'attesa che sopraggiunga la morte, ma la sua partecipazione all'evento non si completa appieno, non riuscendo a far propria la gravità del momento tanto delicato. I suoi occhi osservano il pallore diffuso sul viso dell'uomo, ed il respiro affaticato e fievole gli sembra innaturale, diverso dalla normalità, generando in lui un senso di fluttuante scompenso. La visione del mondo del bambino si scontra con un mutamento repentino dell'esperienza verso l'altro da sé a causa del cambiamento comportamentale degli oggetti con i quali si relaziona; la contrizione dei genitori, la loro serietà, l'inspiegabile sospensione dell'ilarità, l'espulsione persino dei colori. L'incontro con la prassi del lutto della civiltà adulta lo lascia interdetto, e ciò favorisce paradossalmente in lui l'appiglio per afferrare la reale natura sociale e sentimentale del fenomeno. Nel confrontarsi con questo spaccato della convenzione umana che impone la propria egemonia secondo canoni prestabiliti, il bambino pone dentro di sé il primo germe di una crescita sentimentale e spirituale verso una matura relazione con l'ipotesi di perdita del riferimento affettivo, che assumerà però le forme di una completa e spontanea celebrazione di quello, disancorandosi, di conseguenza, dalla mera celebrazione rituale e stabilendo una sorta di culto spontaneo e maturante.