“- Che è successo
nonno? - chiese Mattia.
- Ho fatto un piccolo
trucco, Mattia.
Ti ho fatto annusare
forte la mano
per poter entrare dentro
di te. Se ti avessi chiesto
di mettermi in bocca,
credo che non l'avresti fatto,
o ti sarebbe molto
dispiaciuto.
- Allora sei dentro di
me, adesso? -
- Sì.
- E questa è la tua
voce?
- Sì, ma la senti solo
tu, adesso.
- E come stai, nonno?
- Benissimo, Mattia. Un
bambino è un bel posto per viverci.”
(Roberto Piumini, Mattia
e il nonno, Edizioni EL-Einaudi Ragazzi, 1993, pag. 84)
Personaggi:
- Mattia: un bambino al capezzale del nonno morente.
- Il nonno.
- Genitori e parenti di Mattia.
- Altri personaggi.
Ambientazione:
- Località non definita geograficamente, composta da campagna e borghi rurali.
Chiusa l'ultima pagina di
questo romanzo, ammetto con sincerità di essermi posto un problema
che, in me, ha decisamente battuto qualche colpetto. Un quesito per
il quale, però, avvertivo il bisogno di scovare una soluzione, se
non altro in onore della commovente bellezza del libro appena
terminato. Quindi, asciugandomi una lacrima, mi sono chiesto: - come
formulare una spiegazione convincente in merito a questa meraviglia
letteraria intitolata “Mattia e il nonno”? -
Bella domanda,
particolarmente difficile da soddisfare, soprattutto a causa (o in
virtù) del tema gravoso che l'autore si è preoccupato di
presentarci attraverso una sensibilità ed una ricchezza di metafore
così opulente da rendere positivamente pesante questa storia
per ragazzi.
Bene. Proviamoci.
“Mattia e il nonno”
può tranquillamente definirsi come un piccolo manuale d'amore,
inserito appieno in un percorso di comprensione ed assorbimento di un
evento tanto delicato quale la morte di un intimo affetto. Morte ed
amore, dunque; un rapporto complesso, alle volte fuorviante, in
questo caso costituito però senza alcuna traslazione verso una
pericolosa deriva legata al morboso. I due elementi che reggono
l'apparato narrativo convivono pacificamente, elaborando una sorta di
distensione fra le rispettive finalità e generando un' inaspettata
possibilità educativa.
Ma spieghiamoci meglio.
Mattia è un bambino, e
sta per perdere il nonno al quale è molto affezionato. Assieme a
genitori e parenti, è prossimo al capezzale dell'uomo nell'attesa
che sopraggiunga la morte, ma la sua partecipazione all'evento non si
completa appieno, non riuscendo a far propria la gravità del momento
tanto delicato. I suoi occhi osservano il pallore diffuso sul viso
dell'uomo, ed il respiro affaticato e fievole gli sembra innaturale,
diverso dalla normalità, generando in lui un senso di fluttuante
scompenso. La visione del mondo del bambino si scontra con un
mutamento repentino dell'esperienza verso l'altro da sé a causa del
cambiamento comportamentale degli oggetti con i quali si relaziona;
la contrizione dei genitori, la loro serietà, l'inspiegabile
sospensione dell'ilarità, l'espulsione persino dei colori.
L'incontro con la prassi del lutto della civiltà adulta
lo lascia interdetto, e ciò favorisce paradossalmente in lui
l'appiglio per afferrare la reale natura sociale e sentimentale del
fenomeno. Nel confrontarsi con questo spaccato della convenzione
umana che impone la propria egemonia secondo canoni prestabiliti, il
bambino pone dentro di sé il primo germe di una crescita
sentimentale e spirituale verso una matura relazione con l'ipotesi di
perdita del riferimento affettivo, che assumerà però le forme di
una completa e spontanea celebrazione di quello, disancorandosi, di
conseguenza, dalla mera celebrazione rituale e stabilendo una sorta
di culto spontaneo e maturante.
